Così funzionava il Salon, la più importante esposizione dell’arte francese

Cos’era un Salon? Come era organizzata questa istituzione intorno alla quale in passato si dispiegava tutta l’arte francese? Ovvero gli atelier degli artisti e degli accademici, la critica, l’intero mercato delle arti che oggi chiamiamo figurative. Il Salon era la vetrina ufficiale organizzata direttamente dallo Stato attraverso la Direction des Beaux-Art. L’esposizione, nata nel 1667 per volere dell’Accademia reale e riservata soltanto ai membri della stessa Accademia, dopo la Rivoluzione si aprì anche agli apporti di artisti esterni, selezionati da una giuria che ne decideva l’ammissione o l’esclusione. Erano ricevute senza esame le sole opere presentate dai membri dell’Istituto accademico e quelle dagli artisti in precedenza già decorati. Il problema eclatante, però, era legato al fatto che i membri della giuria, col tempo, presero ad assumere giudizi sempre più rigidi, con l’intento di privilegiare esclusivamente le opere conformi ai gusti dell’Accademia. Le mostre esposte dapprima nella galleria del Palais-Royal successivamente furono organizzate nella Grande Galerie del Louvre, poi nel Salon Carré. Col nome definitivo di Salon, quindi, l’esposizione d’arte diventerà il maggiore evento di richiamo. Ogni primavera, in genere tra maggio a metà giugno, attraeva un pubblico composito, e metteva in apprensione gli artisti, perché le vendite (e perciò il successo di ciascuno) erano legate alla notorietà che il Salon di anno in anno tributava o revocava. Un pubblico in festa era richiamato numeroso in queste sale colme di opere in mostra. Il prezzo popolare faceva la sua parte: inizialmente il biglietto costava solo un franco, dal 1852 se ne spendevano cinque, ma la domenica si poteva accedere gratis.

Giuseppe Castiglione, Veduta del Salon Carré al Louvre

Il regolamento per l’ammissione delle opere era pubblicato pochi mesi prima e stabiliva le regole alle quali gli artisti dovevano attenersi. A titolo d’esempio vale scorrere il fascicolo relativo al Salon del 1853, uno fra tanti. L’esposizione, all’epoca annuale (in altri periodi fu biennale) era riservata esclusivamente ad opere di artisti viventi e aperta alle produzioni francesi o straniere. Ciascun artista non poteva inviare più di tre lavori, da contemplarsi all’interno delle cinque differenti divisioni dell’Esposizione. Al primo posto figuravano le pitture, suddivise in quadri, disegni, acquerelli, pastelli, miniature, sanguigne, porcellane. Al secondo le sculture e le incisioni di medaglie. Al terzo le incisioni al bulino, all’acquatinta o le tecniche similari. Al quarto le litografie. Infine, al quinto le architetture. Il regolamento prevedeva inoltre di non ammettere copie di opere d’arte esistenti, come non erano accettate opere che avevano già figurato in altre esposizioni annuali parigine, oppure opere di artisti deceduti da oltre un anno dall’apertura del salone o le opere anonime. Ciò valeva anche per le sculture in terracotta, da considerarsi evidentemente alla stregua di bozzetti. Infine, ogni quadro non poteva contenere più di un soggetto. Gli artisti, al momento dell’iscrizione, depositavano personalmente i loro lavori, ma se impossibilitati potevano delegare altri a farlo. Contestualmente occorreva notificare: nome, cognome, luogo e data di nascita, il nome del maestro e infine menzionare ricompense ottenute in altre occasioni. Le opere dovevano essere tutte registrate, così da evitare la mancata restituzione. Salvo deroghe giustificate, nessun oggetto esposto poteva essere ritirato prima della chiusura della manifestazione, ma erano concessi ripensamenti, se la richiesta di ritiro fosse pervenuta nei cinque giorni precedenti all’apertura ufficiale del Salon, cioè nel corso dell’allestimento e della collocazione delle opere.

La giuria era composta per metà da membri nominati per elezione e metà da membri scelti direttamente dall’amministrazione. A conclusione delle votazioni, le urne erano aperte dal direttore generale dei musei del Louvre, alla presenza del capo divisione des Beaux-Arts e del presidente dell’Académie des Beaux-Arts. Le decisioni erano prese a maggioranza assoluta dei membri presenti. Naturalmente, a conclusione della manifestazione gli artisti ritenuti degni di ricevere ricompense e incoraggiamenti erano premiati con l’assegnazione di medaglie. La medaglia di prima classe aveva un valore di Fr. 1500; quella di seconda classe un valore di Fr. 500; quella di terza classe un valore di Fr. 250. Tuttavia, esisteva anche una medaglia d’onore, il cui valore ammontava a ben 4000 Franchi. Questa medaglia speciale era accordata all’artista che aveva trionfato rispetto a tutti gli espositori per un’opera dal merito eclatante. I premi, però, non erano ancora terminati, poiché, a fine esposizione, ognuna delle giurie specialistiche stilava una lista di autori le cui opere potevano essere acquisite dallo Stato. A volte il Re in persona ne sceglieva alcune per arricchire la propria collezione privata. Le ricompense erano assegnate in una manifestazione solenne, che si teneva la settimana successiva alla chiusura del Salon. Le opere premiate erano, perciò, nuovamente esposte all’ammirazione del pubblico. Questa volta era compito della stampa magnificare gli autori, che a seconda del premio riscosso potevano contare, finalmente, su una moltitudine di richieste da parte degli estimatori, che sarebbero durate almeno per l’intero anno, in attesa del Salon successivo.

IMMAGINE DI APERURA: Edouard Dantan, Un angolo del Salon del 1880, particolare (Fonte Wikipedia).

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