Il Colosseo: storia di un monumento tra gloria, oblio e rinascita

Per molti visitatori di Roma, il Colosseo rappresenta una tappa irrinunciabile. La sua sagoma inconfondibile, proiettata su scatole di pizza, magliette turistiche e souvenir di ogni tipo, è l’emblema più riconoscibile della grandezza dell’antica Roma. Ma dietro l’immagine da cartolina si cela una storia più complessa e stratificata, fatta di fasti imperiali, decadenza medievale, riutilizzi improvvisati e restauri moderni. Un racconto che attraversa secoli, testimoniando non solo l’ingegnosità dell’architettura romana, ma anche il rapporto mutevole che la città eterna ha intrattenuto con le sue rovine.

L’ingegneria dello spettacolo

Costruito tra il 72 e l’80 d.C. sotto gli imperatori Vespasiano e Tito, l’originario Anfiteatro Flavio era concepito per stupire. Capace di ospitare fino a 50.000 spettatori, il Colosseo non era solo una struttura destinata agli spettacoli, ma una straordinaria macchina teatrale. Al centro della scena c’era l’arena – termine che deriva dal latino harena, la sabbia che copriva il suolo per assorbire il sangue dei combattimenti.

Sotto il pavimento, nascosto alla vista del pubblico, si sviluppava l’ipogeo, un complesso sistema di gallerie, montacarichi e botole da cui facevano il loro ingresso gladiatori, animali esotici e scenografie mobili. Era un vero e proprio mondo sotterraneo, dotato di tecnologie raffinate che consentivano apparizioni spettacolari, contribuendo alla drammaticità dei giochi.

Tra le meraviglie architettoniche dell’edificio figurava anche il velarium, un’enorme tenda retrattile pensata per proteggere gli spettatori dal sole. Composto da 240 strisce di tessuto manovrate da altrettanti argani e montato su pali di legno, questo gigantesco sistema di copertura anticipava, per molti versi, i tetti mobili degli stadi moderni. Era non solo un’impresa ingegneristica di prim’ordine, ma anche una soluzione brillante a uno dei problemi che ancora oggi affligge i turisti: l’arsura delle giornate romane.

Il prezzo dell’oblio

Se l’età imperiale fu il momento di massimo splendore, i secoli successivi segnarono un lento ma inesorabile declino. Dopo il VI secolo, con la progressiva caduta del potere imperiale e il mutare delle funzioni urbane, il Colosseo fu abbandonato. L’arena smise di ospitare giochi e si trasformò in un terreno per orti, depositi di fieno, e persino in stalla. L’ipogeo venne riempito di detriti e terra, scomparendo alla vista per oltre un millennio.

Le arcate del monumento divennero rifugio per artigiani, cambiavalute, fabbri e calzolai. Nel XII secolo fu addirittura fortificato dai Frangipane, una potente famiglia baronale, trasformandolo in una roccaforte urbana. E mentre i pellegrini lo scambiavano per un antico tempio pagano dedicato al sole, leggende e superstizioni alimentavano un alone misterioso: si diceva che i negromanti vi si recassero di notte per evocare i demoni.

Persino la Chiesa tentò di piegare il Colosseo a nuovi scopi. Papa Sisto V, grande urbanista del Rinascimento, immaginò di riconvertirlo in una fabbrica di lana, progetto ambizioso quanto fallimentare. Poco dopo, la natura prese possesso delle rovine: sulle pietre si insediò una flora spontanea tanto variegata da attirare l’interesse dei botanici, che vi censirono oltre trecento specie diverse.

Dalla rovina al restauro

Nel corso dei secoli, il Colosseo fu anche una cava a cielo aperto. Interi blocchi di travertino vennero prelevati per la costruzione di altri edifici, mentre la metà mancante della struttura crollò in seguito a una serie di terremoti. Secondo lo storico Garret Ryan, le due principali cause della mutilazione del monumento furono proprio “i terremoti e i papi, in quest’ordine”.

La riscoperta del suo valore storico e simbolico iniziò solo in epoca moderna. Negli anni Trenta del Novecento, durante il regime fascista, Benito Mussolini avviò lo sgombero dell’ipogeo, nell’ambito della sua più ampia politica di esaltazione della romanità classica. Ma bisognerà attendere gli anni Novanta per un vero progetto di restauro sistematico, e il 2011 perché i visitatori potessero finalmente accedere agli ambienti sotterranei.

Oggi, il Colosseo è uno dei siti archeologici più visitati al mondo, capace di attirare più turisti della Fontana di Trevi e della Cappella Sistina messi insieme. Ma la sua forza non risiede solo nella monumentalità, bensì nella stratificazione di significati che racchiude: luogo di spettacolo e di sangue, simbolo di potere e di caduta, rovina romantica e laboratorio della memoria collettiva.

Un’eredità che resiste

Il Colosseo è, in definitiva, un testimone privilegiato della parabola millenaria di Roma: dall’impero alla decadenza, dalla marginalità al mito. È sopravvissuto a guerre, incuria, terremoti e vandalismi, ma anche alle mutazioni del gusto e alle alterne fortune della sua città. La sua tenacia architettonica, frutto del genio romano per l’ingegneria, continua a stupire e a interrogare. Perché, come dimostra la sua storia, ogni pietra porta con sé una domanda, ogni rovina custodisce una memoria. E il Colosseo, più di qualsiasi altro edificio antico, sembra ancora pronto a rispondere.


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