
Latte, Uova, Vodka: liste della spesa come oggetti smarriti e ritrovati
C’è chi, tra le corsie del supermercato, vede solo carrelli e promozioni. E poi c’è Bill Keaggy, artista e scrittore americano, che nelle liste della spesa smarrite trova racconti umani, indizi culturali e inaspettate scintille poetiche. Da oltre vent’anni, Keaggy raccoglie e archivia biglietti dimenticati, frammenti cartacei che la maggior parte di noi getterebbe senza esitazione. Il suo progetto, The Grocery List Collection, è diventato un sito web e un libro – Milk Eggs Vodka: Grocery Lists Lost and Found – che esplora il potere narrativo dell’infinitamente banale.
Nato e residente a St. Louis, Missouri, Keaggy è fondatore di un’agenzia di comunicazione visiva strategica chiamata Tremendousness. Ma è soprattutto un collezionista atipico, mosso da un interesse quasi antropologico per ciò che di solito resta invisibile. “Ogni lista è unica, ma anche universale”, afferma. In poche righe storte e sbilenche, spesso scritte in fretta, si intravedono esistenze, desideri, abitudini, dimenticanze. Un nome barrato, un prodotto insolito, un commento marginale: tutto può diventare narrazione.

Le liste raccolte da Keaggy spaziano dal prevedibile – latte, uova, pane – al surreale: “un abbraccio”, “niente panico”, “polpette + pazienza”. Ce ne sono di concise, altre piene di correzioni e riscritture, alcune scarabocchiate su scontrini o pezzi di cartone. Ma ciò che le unisce è la capacità di evocare un universo personale e anonimo al tempo stesso. “È come guardare per un attimo dalla finestra di qualcun altro”, dice Keaggy, sottolineando quanto anche gli oggetti più prosaici possano rivelare un’intimità inaspettata.
Nel suo archivio digitale, ogni lista è un invito implicito all’immaginazione. Un frammento della quotidianità che, decontestualizzato, diventa stimolo narrativo. Per Keaggy, la parte più interessante non è ciò che è scritto nero su bianco, ma ciò che manca: le assenze, le lacune, i vuoti da riempire. “Le liste ci raccontano una storia incompleta”, spiega, “e ci invitano a completarla”.
Il progetto ha trovato eco anche in episodi che, seppur casuali, ne confermano la forza simbolica. Nel 2017, ad esempio, l’ex calciatore del Real Madrid Manolo Sanchís ha scatenato un piccolo terremoto sui social network dopo aver pubblicato su Twitter, per errore, una fotografia in cui si intravedeva la sua lista della spesa. Ma non si trattava di una lista qualunque: accanto a voci comuni come “cacao per la mamma”, figuravano annotazioni degne di un noir, tra cui “proiettili per la 300”, “paradenti”, “due cani”. Un dettaglio curioso, comparso in un selfie scattato nella cabina di regia dello stadio Bernabéu, rimosso in fretta, ma non prima di aver alimentato una valanga di ipotesi ironiche e congetture più o meno fantasiose.
Un episodio come quello – apparentemente insignificante – è perfettamente in linea con la filosofia di Keaggy. “È affascinante come qualcosa di così piccolo possa provocare una reazione così grande”, osserva. Proprio perché non sono pensate per essere condivise, queste liste esercitano una forza comunicativa potente, spesso involontaria. Rivelano più di quanto immaginiamo: ciò che vogliamo, ciò che dimentichiamo, e anche come lo esprimiamo.
Nel suo libro Milk Eggs Vodka, Keaggy ha selezionato le liste più memorabili del suo archivio, componendo un ritratto collettivo di un’umanità che si rivela proprio nel gesto più quotidiano: fare la spesa. Alcune fanno sorridere, altre commuovono, altre ancora inquietano. Ma tutte, a modo loro, parlano di noi. Delle nostre priorità, delle urgenze del momento, del modo in cui pensiamo e annotiamo. Di come anche il linguaggio più semplice – quello della necessità – finisca per raccontare il nostro tempo.
È un paradosso curioso: in un’epoca dominata da immagini curate e messaggi costruiti, sono proprio questi fogli dimenticati a dirci qualcosa di autentico. Forse perché non sono filtrati, forse perché contengono errori, cancellature, esitazioni. O forse perché, come sostiene Keaggy, “ciò che compriamo, ciò che dimentichiamo, ciò che annotiamo frettolosamente… tutto dice più di noi di quanto potremmo immaginare”.
L’arte di raccogliere e guardare le liste della spesa non sta dunque nel trasformarle in cimeli, ma nel restituire loro una voce. Una voce che parla senza clamore, ma con insospettabile precisione. Che ci fa ridere, pensare o semplicemente ci ricorda che ogni giorno – anche tra i banchi del supermercato – è pieno di storie che vale la pena ascoltare.
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