Scienza, storia e miti del giorno più lungo dell’anno

Una volta all’anno, la danza millenaria tra Terra e Sole raggiunge uno dei suoi momenti più significativi: il solstizio d’estate. Più che un evento astronomico, si tratta di una soglia simbolica tra stagioni, culture e civiltà. È il giorno in cui il Sole, nel suo arco celeste, tocca il punto più alto nel cielo dell’emisfero nord, regalando il massimo di ore di luce. Il 20 giugno 2025, alle 22:42 EST, questo istante ha segnato ufficialmente il passaggio all’estate boreale. Nell’altro emisfero, invece, ha coinciso con l’inizio dell’inverno.

Ma dietro questa semplice annotazione di calendario si cela un intreccio di scienza e cultura che attraversa i secoli e le latitudini.

L’inclinazione della Terra e la geometria delle stagioni

La causa principale dei solstizi risiede in un dato apparentemente innocuo: l’asse terrestre non è perpendicolare all’orbita che la Terra compie attorno al Sole, ma inclinato di circa 23,4 gradi. Questa inclinazione determina la distribuzione della luce solare durante l’anno. Da marzo a settembre, l’emisfero settentrionale è più esposto alla radiazione solare diretta, mentre da settembre a marzo tocca a quello meridionale. In prossimità dei solstizi, l’inclinazione raggiunge i suoi estremi: uno dei due emisferi riceve il massimo della luce diurna (il giorno più lungo), l’altro la minima (la notte più lunga).

Durante il solstizio d’estate boreale, il Sole appare allo zenit, ovvero esattamente sopra la testa, soltanto lungo il Tropico del Cancro (23,5° di latitudine nord). Al contrario, nel solstizio invernale, lo stesso accade sul Tropico del Capricorno (23,5° sud). Queste coordinate celesti rappresentano i limiti entro cui il Sole può comparire allo zenit nel corso dell’anno.

Solstizi su altri pianeti

Il fenomeno dei solstizi non è esclusivo della Terra. Ogni pianeta con un asse inclinato sperimenta qualcosa di simile. Tuttavia, le stagioni extraterrestri possono essere molto diverse, per durata ed effetto. Venere, ad esempio, ha un’inclinazione assiale minima, appena tre gradi: ciò riduce quasi del tutto la variabilità stagionale. Marte, invece, con la sua orbita più ellittica, subisce escursioni stagionali notevoli, in parte dovute alla sua distanza variabile dal Sole.

Nel caso della Terra, l’inclinazione ha un peso maggiore rispetto all’orbita, che è quasi circolare. Curiosamente, il nostro pianeta è più vicino al Sole in gennaio (perielio) e più lontano in luglio (afelio), ma questo ha un impatto minimo sul clima rispetto all’inclinazione.

La lunga storia dei solstizi

Molto prima che la scienza spiegasse il meccanismo dei solstizi, l’umanità li osservava con attenzione quasi religiosa. In diverse culture, questi momenti celesti segnavano passaggi fondamentali dell’anno agricolo o spirituale.

In Inghilterra, il misterioso complesso megalitico di Stonehenge, costruito oltre 5.000 anni fa, è allineato in modo tale che il Sole nascente del solstizio d’estate appaia in asse con la cosiddetta “Heel Stone”. Il significato esatto resta oggetto di studio, ma l’intenzione di celebrare o osservare questo fenomeno è chiara.

Anche le piramidi egizie sembrano avere un legame con il ciclo solare. Osservando il tramonto del solstizio d’estate dalla Sfinge, il Sole scende tra le piramidi di Cheope e Chefren. Non è ancora chiaro se tale allineamento sia intenzionale, ma l’effetto è impressionante.

Le celebrazioni del solstizio d’estate sono tuttora vive in molte regioni del mondo. In Scandinavia, la festa di Mezzestate è un inno alla luce e alla natura, con danze intorno al palo di maggio, pasti collettivi e canti tradizionali. Nei paesi slavi, la notte di Ivan Kupala prevede rituali con fiori e falò, e i più audaci si cimentano in salti propiziatori sopra il fuoco. A Fairbanks, in Alaska, dove d’estate la luce dura quasi 23 ore, si gioca ogni anno, dal 1906, una partita di baseball a mezzanotte: il “Midnight Sun Game”.

Nell’emisfero sud, invece, è il solstizio d’inverno a essere celebrato, spesso con pari intensità. Gli Inca, il 24 giugno, onoravano Inti, dio del Sole, con la festa di Inti Raymi, che segnava anche il loro Capodanno. A Cusco, dal 1944, la cerimonia viene rievocata con una grande rappresentazione teatrale. I Romani, invece, rendevano omaggio al solstizio d’inverno con i Saturnalia, una festività caratterizzata da banchetti, scambi di doni e sospensione temporanea delle gerarchie sociali. In Iran, la festa di Yalda — legata all’antica religione zoroastriana — celebra la nascita della luce, impersonata da Mitra, con letture poetiche e frutti rossi come simbolo del sole.

Luoghi comuni e verità scientifiche

Nonostante il fascino dei solstizi, molte idee sbagliate circolano ancora. Una delle più comuni riguarda la temperatura: ci si aspetterebbe che il giorno più lungo dell’anno coincida anche con il più caldo, ma non è così. Il motivo è semplice: la Terra impiega tempo a riscaldarsi e raffreddarsi. Per questo, le ondate di calore negli Stati Uniti raggiungono il picco in luglio o agosto, ben dopo il solstizio. Analogamente, le giornate più fredde dell’inverno arrivano in genere a fine gennaio, un mese dopo il solstizio invernale.

Un altro malinteso riguarda la durata del giorno: si pensa che, poiché la rotazione terrestre rallenta gradualmente, ogni nuovo solstizio stabilisca un record. In realtà, il rallentamento è troppo lieve per produrre effetti percepibili nel breve termine. Studi sui coralli fossili mostrano che 400 milioni di anni fa i giorni duravano meno di 22 ore, ma il cambiamento annuo oggi è misurabile solo in millisecondi.

Curiosamente, il giorno più lungo registrato dal XIX secolo si sarebbe verificato nel 1912, superando la durata media di appena quattro millisecondi. La rotazione terrestre può variare leggermente anche per effetto di fenomeni temporanei, come El Niño o lo scioglimento dei ghiacci polari, che alterano la distribuzione della massa sul pianeta.

Tra cielo e cultura

Il solstizio d’estate non è soltanto un fenomeno astronomico, ma anche un archetipo culturale che continua a ispirare riti, credenze e manifestazioni collettive. È il momento in cui la luce trionfa, in cui il Sole sembra fermarsi e l’umanità, antica e moderna, si concede una pausa per osservarlo. Dall’antico Egitto all’Alaska contemporanea, il 21 giugno continua a ricordarci che siamo parte di un ingranaggio cosmico più grande — un equilibrio precario tra inclinazione, orbita e luce, che scandisce il tempo, le stagioni e i nostri riti più profondi.


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