Sofia Coppola: dal cinema alla moda, il ritorno di uno sguardo femminile contemporaneo

Diciotto anni dopo Marie Antoinette, Sofia Coppola torna al centro della scena artistica internazionale. Mostre, documentari e progetti editoriali riscoprono il suo immaginario, trasformando la regista americana in un’icona culturale trasversale, capace di coniugare cinema, moda e introspezione femminile con una sensibilità fuori dal tempo.


A quasi vent’anni dal film che consacrò la sua cifra estetica, Marie Antoinette (2006), Sofia Coppola torna ad abitare il nostro immaginario collettivo. Ma il suo ritorno non avviene soltanto sul grande schermo: oggi la sua visione si estende ai musei, ai libri e ai documentari, confermando la profondità di uno sguardo che attraversa linguaggi e generazioni. È una rinascita che non ha nulla di nostalgico: semmai una riaffermazione della potenza poetica e anticonvenzionale del suo modo di raccontare il mondo, soprattutto quello delle donne.

Dal film al museo: la regina adolescente del V&A

Fra le mostre più attese dell’anno, il Victoria and Albert Museum di Londra dedica a Coppola una sezione speciale all’interno dell’esposizione Marie Antoinette Style, dove il film del 2006 diventa punto di partenza per una riflessione sul potere evocativo dell’immagine. I costumi disegnati da Milena Canonero, premiata con l’Oscar, e le calzature ideate da Manolo Blahnik, rievocano il fasto di una Versailles reinventata come palcoscenico pop, dove la Storia lascia spazio al colore, alla frivolezza e alla malinconia.

Coppola, come ama raccontare, partì da una semplice scatola di macaron per immaginare la sua Maria Antonietta: un’eroina fragile e capricciosa, più vicina a una ragazza di oggi che a una regina del XVIII secolo. Emblematica resta la scena in cui un paio di Converse color lavanda si nasconde tra ventagli e scarpette di raso: un anacronismo voluto, un gesto di libertà che infrange ogni vincolo di verosimiglianza.
Non è un errore, ma una dichiarazione di poetica. Coppola guarda alla storia da dentro l’adolescenza, restituendole la sua energia vitale e la sua vulnerabilità. Che oggi il V&A scelga di esporre i costumi del film significa riconoscere il valore di una regista che ha riscritto, con dolcezza e radicalità, la rappresentazione del potere femminile nell’immaginario visivo contemporaneo.

Le “bored girls” al MoMu di Anversa

In parallelo, al MoMu di Anversa, la mostra GIRLS. On Boredom, Rebellion and Being In-Between esplora l’adolescenza come territorio sospeso tra ribellione e stasi. Qui l’universo di Coppola dialoga con quello di Degas, Louise Bourgeois, Martin Margiela e Juergen Teller, tracciando una costellazione di sguardi sulla femminilità inquieta.
Non poteva mancare Il giardino delle vergini suicide (1999), film d’esordio della regista, che resta una delle rappresentazioni più intense e struggenti dell’adolescenza femminile. Le sue protagoniste, chiuse in una casa e in un destino, incarnano l’essenza stessa della poetica di Coppola: silenziosa, estetica, profondamente empatica.

L’adolescente secondo Coppola non è mai oggetto di sguardo, ma soggetto di esperienza. È una figura che esprime il disagio e la grazia del cambiamento, l’oscillazione fra desiderio e immobilità. Questa “ragazza annoiata”, apparentemente fragile, diventa negli anni un archetipo della contemporaneità: la bored girl che abita anche la moda, la fotografia e la pubblicità. L’apatia diventa così una forma di resistenza, un linguaggio con cui opporsi alla velocità del mondo.

Marc Jacobs e Chanel: un’estetica dell’intimità

Parallelamente al riconoscimento museale, Sofia Coppola ha firmato due progetti recenti che ampliano il suo universo visivo. Il primo è il documentario Marc by Sofia, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2025: un ritratto confidenziale dello stilista Marc Jacobs, suo amico e complice creativo fin dagli anni Novanta. Più che una biografia, è un dialogo visivo tra due anime affini, unite dall’idea di una femminilità libera e imperfetta, lontana dagli stereotipi. Insieme, Coppola e Jacobs hanno ridefinito il concetto di stile – dalla celebre sfilata grunge per Perry Ellis al progetto X-Girl – trasformando la moda in un linguaggio di identità e memoria.

Il secondo progetto è Chanel Haute Couture, pubblicato con Éditions 7L e MACK: un volume che unisce fotografie d’archivio, collage, schizzi e appunti personali. Non un catalogo, ma un diario visivo della maison, osservata attraverso l’occhio di chi ne ha respirato la storia dall’interno. Coppola vi intreccia ricordi e dettagli con la stessa delicatezza che contraddistingue i suoi film, trasformando la moda in racconto e la couture in emozione.

Un ritorno che non è revival

Ciò che emerge da questa stagione di riconoscimenti è la coerenza di una visione. Dalla Maria Antonietta adolescente alle protagoniste silenziose dei suoi film, dalle fotografie intime ai progetti con la moda, Sofia Coppola continua a indagare la soglia tra fragilità e grazia, tra il visibile e l’interiore.
Non si tratta di un revival, ma di un ritorno alla sostanza stessa del suo linguaggio: un cinema che sa diventare mostra, diario o dialogo visivo, ma che resta sempre un invito a guardare — con tenerezza e lucidità — la complessità dell’essere femminile.


A chiarimento delle problematiche relative al copyright delle immagini.
Le immagini eventualmente riprodotte in pagina sono coperte da copyright (diritto d’autore). Tali immagini non possono essere acquisite in alcun modo, come ad esempio download o screenshot. Qualunque indebito utilizzo è perseguibile ai sensi di Legge, per iniziativa di ogni avente diritto, e pertanto Experiences S.r.l. è sollevata da qualsiasi tipo di responsabilità.

About the author: Redazione di Entasis