Nel Salento una storia che unisce e poi divide

Un romanzo da leggere assolutamente è quello  di Francesca Giannone ambientato nel Sud d’Italia. Ci stiamo riferendo a “Domani, domani” di Francesca Giannone . È il suo secondo libro dopo l’acclamato romanzo d’esordio “La portalettere”.

“Domani, domani” riporta i lettori nel Salento degli anni ’50, questa volta seguendo le vicende di Lorenzo e Agnese, fratello e sorella che si ritrovano ad affrontare la vendita dell’amato saponificio di famiglia. Lorenzo e Agnese hanno sempre vissuto all’ombra del saponificio di famiglia, un’eredità che il padre ha gestito con dedizione per anni. Tuttavia, i tempi cambiano e l’azienda inizia a vacillare. Con il cuore pesante, il padre decide di vendere l’attività, lasciando i due fratelli ad affrontare un futuro incerto. Mentre Lorenzo cerca di adattarsi alla nuova realtà, Agnese si aggrappa ai ricordi del passato e fatica ad accettare la perdita. Entrambi dovranno fare i conti con i propri sogni e desideri, imparando a trovare la forza dentro di sé per andare avanti.

Come nel suo precedente romanzo, Giannone intesse una storia ricca di intrighi familiari, colpi di scena e descrizioni evocative della sua terra d’origine, il Salento. I temi esplorati includono la perdita, la speranza, l’amore e la forza dei legami familiari.

Domani, domani è stato accolto con recensioni positive dalla critica, che ha elogiato la scrittura di Giannone, la sua capacità di delineare personaggi complessi e la sua rappresentazione autentica del Salento.

Ecco il link dove trovare maggiori informazioni sul romanzo:
Editrice Nord: https://www.editricenord.it/autore/francesca-giannone.html


Villaggio Olimpico di Parigi 2024: polo inclusivo ed eco-sostenibile

Rendering di progetto

Da venerdì 26 luglio 2024 a domenica 11 agosto 2024, in quest’arco di tempo si celebreranno i Giochi della XXXIII Olimpiade, noti sulla stampa internazionale come “Parigi 2024”, a 100 anni esatti dall’ultima volta che la città ha ospitato l’evento. Dal punto di vista organizzativo saranno ospitati circa 10.500 atleti provenienti da oltre 206 paesi. Questo significa che una delle novità più entusiasmanti è che il team culinario del villaggio preparerà ben 40.000 pasti al giorno per gli atleti, con un menu che include 500 ricette da tutto il mondo. Quattro saranno i temi gastronomici prescelti: francese, asiatico, mondiale e afro-caraibico.

Tutto ciò si svolgerà all’interno del Villaggio Olimpico di Parigi 2024, progettato per essere un esempio di sostenibilità, con edifici a basso impatto ambientale e numerose iniziative ecologiche. Proviamo a scorrere velocemente alcuni dei punti salienti:

  1. Edifici a basso impatto ambientale: Gli edifici del villaggio hanno una impronta di carbonio inferiore del 30% rispetto ai progetti di costruzione moderni. Sono progettati per adattarsi ai cambiamenti di temperatura, utilizzando un sistema di raffreddamento a base d’acqua e riscaldamento da una rete geotermica.
  2. Energia rinnovabile: Il villaggio utilizzerà energia geotermica e solare per ridurre l’impatto ambientale. Inoltre, sarà implementata una politica di zero rifiuti e una flotta di veicoli a zero emissioni sarà operativa durante i Giochi.
  3. Economia circolare: Il progetto segue i principi dell’economia circolare, minimizzando la costruzione di nuove infrastrutture e utilizzando edifici esistenti o temporanei.
  4. Alimentazione sostenibile: Saranno offerti pasti a base vegetale per ridurre l’impatto ambientale del cibo.

Questi sforzi mirano a creare un modello di Giochi Olimpici più sostenibile e responsabile, lasciando un’eredità positiva per le future generazioni. Oltre ad essere un luogo di riposo e allenamento per gli atleti, il Villaggio sarà un vero e proprio hub di socializzazione e svago. Al suo interno, infatti, troveranno spazio anche Centri di intrattenimento con cinema, sale giochi e spazi per eventi culturali. Non mancheranno Strutture per il tempo libero come campi sportivi, piscine e aree verdi per relax e socializzazione, come non mancheranno neppure Servizi medici quali ambulatori e centri di fisioterapia per garantire la salute e il benessere degli atleti.

A conclusione dei Giochi, il Villaggio Olimpico si trasformerà in un quartiere ecosostenibile a disposizione della comunità locale. Gli alloggi saranno convertiti in 3500 appartamenti residenziali, mentre le strutture sportive e i centri commerciali diventeranno punti di riferimento per il tempo libero e i servizi del quartiere.

Ne risulterà un quartiere nel quale circa l’80% degli edifici è stato costruito con materiali riciclati o provenienti da filiere locali, a dimostrazione di un impegno concreto verso un futuro più verde. L’attenzione all’ambiente si traduce anche nell’utilizzo di energia rinnovabile, grazie all’installazione di pannelli solari che coprono il 30% del fabbisogno energetico del villaggio.

Il Villaggio Olimpico di Parigi 2024 rappresenta un esempio tangibile di come i grandi eventi sportivi possano coniugare eccellenza competitiva, sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Un modello da seguire per future edizioni dei Giochi e per lo sviluppo urbano in generale.

Di seguito alcuni siti web sulle tematiche di riferimento:

  1. Paris 2024: High ambitions for lower-carbon Games – Olympics.com
  2. Eco-Friendly Paris Olympics Initiatives: Sustainable Efforts for a …
  3. Paris 2024, the eco-friendly Olympics – Ville de Paris
  4. Our Legacy and Sustainability plan – Paris 2024 – Olympics.com
  5. Sustainability and Legacy Report – Paris 2024 – Olympics.com

Sito ufficiale di Parigi 2024: https://olympics.com/it/paris-2024


Ma come si faceva a scrivere senza la biro?

Oggi scrivere con una penna a sfera è abitudine comune, ma agli inizi del secolo scorso non lo era affatto. Almeno finché László József Bíró, inventore ungherese, non elaborò la sua idea rivoluzionaria che soppiantò quasi del tutto le penne stilografiche. Fu, infatti, il primo a brevettare il suo nuovo tipo di penna, che cambiò le abitudini di scrittura, conseguendo un meritato successo commerciale.

Come spesso accade, inizialmente Bíró ebbe una carriera molto variegata. Studiò medicina, ma abbandonò presto gli studi per dedicarsi a diverse attività. Fu pilota di automobili, doganiere, agente di borsa, pittore surrealista e scultore. Inoltre, lavorò come giornalista, collaborando con varie testate, e questo suo lavoro fu indirettamente all’origine del successo.

Come s’è detto, nel tempo libero Bíró si dilettava a progettare e creare congegni insieme al fratello György, un chimico. Di comune accordo svilupparono diverse invenzioni, tra cui un vetro resistente ad alte temperature, un prototipo di lavatrice, una serratura anti-scassinamento e un cambio meccanico automatico per auto. La General Motors acquisì il brevetto, ma solo affinché nessun altro produttore potesse sfruttarlo. Era il 1932.

In quello stesso 1932 Bíró fu incaricato, come redattore capo della rivista “Hongrie-Magyarország-Hungary”, di divulgare l’arte ungherese all’estero. Successivamente entrò a far parte del settimanale “Előre”. Guardando i rulli da stampa rotanti nella tipografie dei giornali, gli venne l’idea di realizzare una penna che scrive con l’inchiostro, ma senza sbavare come accadeva alle stilografiche.

È qui, dunque, che nacque l’idea che lo indirizzò alla sua invenzione, osservando l’inchiostro tipografico, che si asciugava rapidamente senza macchiare. Tuttavia, l’inchiostro tipografico era troppo denso per essere utilizzato col pennino tradizionale di una stilografica. Occorreva, quindi, uno strumento di scrittura diverso.

Nel 1938, Bíró, insieme a suo fratello György, sviluppò un nuovo tipo di penna che utilizzava una piccola sfera rotante per distribuire l’inchiostro in modo uniforme sulla carta. Nelle diverse interviste rilasciate nel corso degli anni racconta che l’idea gli venne data da alcuni bambini che giocavano con delle biglie. Bíró si accorse che se una biglia rotola oltrepassando una pozzanghera, lascia sempre dietro di sé una traccia bagnata sull’asfalto. L’idea era scaturita dalla sua mente.

Tutto ciò che serviva era una pallina rotante all’estremità di un tubicino e un tipo di inchiostro che non si seccasse all’interno di quel tubicino, ma si asciugasse istantaneamente sulla carta. Bíró credeva che con un inchiostro composto da componenti solidi e liquidi, le parti liquide sarebbero state assorbite dalla carta, mentre le parti solide sarebbero rimaste sulla sua superficie. Con l’aiuto del fratello György, dell’inventore Andor Goy e dei fratelli Kovalszky, riuscì a mettere in atto la sua idea.

Bíró brevettò l’invenzione a Parigi nel 1938, per l’esattezza il 25 aprile. In dettaglio spiegò nel brevetto industriale di avere creato una penna a sfera, inserendo all’estremità di una cartuccia d’inchiostro una piccola pallina metallica libera di ruotare. La rotazione permetteva di prelevare l’inchiostro dalla cartuccia, depositandolo sulla carta. Le prime penne, ancora da perfezionare, arrivarono sul mercato con il nome Go-Pen.

La penna a sfera di Bíró risolse molti dei problemi delle penne stilografiche del tempo, come le fuoriuscite di inchiostro e le ostruzioni. L’ invenzione divenne rapidamente popolare, ma non fu accettata immediatamente e incontrò diverse difficoltà iniziali. Quando Bíró brevettò la sua invenzione nel 1938, il costo di produzione era elevato, rendendo di conseguenza il prezzo di vendita della penna piuttosto alto. Questo la rese inizialmente un prodotto di nicchia e non accessibile a tutti. Inoltre, la Seconda Guerra Mondiale interruppe le sperimentazioni e costrinse Bíró a trasferirsi prima a Parigi e poi in Argentina.

Fu solo dopo la guerra che la penna a sfera iniziò a guadagnare popolarità, soprattutto grazie all’interesse dell’aviazione britannica, che la trovò utile per scrivere ad alta quota, dove le penne stilografiche tradizionali non funzionavano bene.

La svolta commerciale arrivò quando i fratelli Bíró vendettero i diritti della loro invenzione a un imprenditore francese, il barone Marcel Bich, che riuscì a ridurre significativamente i costi di produzione e a rendere la penna a sfera accessibile a un pubblico più ampio. Questo portò alla nascita del marchio Bic, che divenne sinonimo di penna a sfera in tutto il mondo. Quindi il marchio Bic è nato dopo l’invenzione della penna a sfera di László Bíró.

Marcel Bich, acquistò infatti i diritti della penna a sfera dai fratelli Bíró nel 1945 ma dovette prima perfezionare il processo di produzione, rendendo il prodotto finale molto più economico. Apportò anche alcune modifiche all’oggetto stesso, attraverso un vero e proprio progetto di design. Realizzò un cannello trasparente per poter vedere il livello dell’inchiostro contenuto nel serbatoio.

Diede alla penna una forma esagonale e non cilindrica, rispettando esteticamente il gusto Art Déco, ma anche per rendere la penna funzionale ed evitare che rotolasse in terra dai banchi degli studenti che in quel tempo erano inclinati.

In definitiva, dotò la penna di una linea essenziale ed economica senza tanti fronzoli. Da allora il design non è mai mutato, se non nel cappuccio, tagliato in cima per fare un foro ed evitare il soffocamento qualora un bambino lo ingoiasse.

Finalmente, nel 1950, Marcel Bich lanciò la sua versione della penna a sfera sotto il marchio “Bic”, (Bic senza la acca del suo cognome). Una penna che divenne rapidamente popolare grazie alla sua convenienza e affidabilità. Oggi, Bic è uno dei marchi più riconosciuti al mondo per le penne a sfera.

László József Bíró e Marcel Bich incontrarono diversi concorrenti nel corso dello sviluppo e della commercializzazione della penna a sfera. Uno dei principali concorrenti fu l’azienda Eversharp, che collaborò con l’inventore americano Milton Reynolds per produrre una penna a sfera simile. Reynolds riuscì a lanciare la sua versione della penna a sfera negli Stati Uniti nel 1945, poco dopo che Bíró aveva brevettato la sua invenzione.

Inoltre, la Waterman Pen Company, un’azienda già affermata nel settore delle penne stilografiche, cercò di competere con la penna a sfera di Bíró migliorando i propri prodotti.

Tuttavia, fu Marcel Bich a ottenere il maggior successo commerciale, lanciando il marchio Bic, che divenne sinonimo di penna a sfera in tutto il mondo.


A Messina, in riva allo Stretto, “Mezza con panna”

Messina - mezza con panna e brioches
La classica granita messinese al caffè con panna e l’immancabile brioche col “tuppo”

“Mezza con panna”, con questa espressione a Messina ci si riferisce a una freschissima granita, per metà al gusto preferito accompagnato, per l’altra metà, da soffice panna montata. Tuttavia, la “mezza con panna” non è semplicemente un modo per ordinare una colazione alternativa al diffusissimo cappuccino, ma rappresenta una vera e propria istituzione della pasticceria locale. Gustare una granita al caffè con panna montata, è a tutti gli effetti un rituale che si ripete ogni giorno nei locali della città.

Occorre subito fare attenzione a un particolare: il cappuccino e la “mezza con panna” più diffusa, quella cioè al gusto di caffè, hanno gli stessi componenti di base: per l’appunto il caffè nero e il latte. Modalità di preparazione differenti, che si rintracciano nella storia e nella tradizione, hanno dato origine a due prodotti gustosi per consumare in modo differente una prima colazione.

Sul cappuccino potete leggere in altre pagine di Entasis, ora soffermiamoci sulle diverse ragioni che concorrono a conferire alla “mezza con panna” un significato molto profondo. Questa specialità tipicamente messinese trova, infatti, le sue radici nella storia della città, dove già nel XVI secolo si diffuse la granita. Nel corso del tempo, la ricetta si è evoluta e perfezionata, diventando un elemento distintivo dalle caratteristiche uniche.

La granita con panna rappresenta, perciò, un elemento identitario per i messinesi, che ne vanno fieri e la considerano meritatamente un’eccellenza da condividere con i visitatori. Gustarla in un bar storico, accompagnata da una brioche col tuppo (la pallina che la guarnisce), è un modo autentico per immergersi nella cultura e nelle tradizioni. È un pezzo di storia racchiuso in un connubio originale e inimitabile di sapori.

L’importanza della “mezza con panna” per Messina è stata ufficialmente riconosciuta con il conferimento della DE.CO (Denominazione Comunale), che ne tutela la ricetta originale e ne promuove la valorizzazione.

Stiamo parlando, quindi, di una granita speciale, perché speciali (anche rispetto ad altre granite siciliane) sono le sue caratteristiche.

Cremosità e consistenza: Come si è detto, questa granita messinese si distingue per la sua consistenza quasi vellutata al palato. Risultato è ottenuto grazie ad un processo di lavorazione artigianale basato sull’alta qualità degli ingredienti e su tecniche specifiche.

Ingredienti: La granita che si gusta in riva allo Stretto è preparata con prodotti semplici e genuini miscelati ad acqua e zucchero. Ad esempio, il caffè, tostato e macinato al momento, dona un aroma intenso e deciso, mentre il succo di limone, rigorosamente fresco e non trattato, conferisce alla granita un’acidità bilanciata e rinfrescante.

Temperatura: La granita messinese viene servita a una temperatura molto bassa, che ne esalta la freschezza. Questo permette inoltre di mantenerla stabile, evitando che si sciolga troppo rapidamente.

Abbinamento con la panna: Un elemento caratterizzante è l’abbinamento con la panna montata fresca. La panna, rigorosamente non zuccherata, contrasta piacevolmente l’amarezza del caffè o la dolcezza della frutta, creando un connubio di sapori armonioso e goloso.

La granita messinese vanta una lunga e ricca tradizione almeno a partire dal XVI secolo. Per la verità, i documenti sulle origini della granita siciliana in generale sono incerti: c’è chi la fa risalire agli arabi e prima ancora ai greci. Si pensa che la sua nascita sia avvenuta per caso, grazie all’utilizzo della neve portata a valle dalle colline più alte, o dall’Etna, per essere conservata in apposite “niviere”, fosse profonde scavate nella terra e ricoperte da frasche. Serviva per essere utilizzata (quando i frigoriferi erano di là da venire) nei momenti di necessità e consumata in qualsiasi stagione.

La neve delle neviere, compressa e trasformata in ghiaccio, era poi tagliata in blocchi. Veniva quindi grattugiata e mescolata con succhi di frutta o caffè, dando vita a dessert piacevoli e rinfrescanti. Quella descritta, però, è la granita che troviamo in molte parti della Sicilia e generalmente anche in Italia. A Roma non a caso la chiamano “grattachecca”, in quanto prodotta col ghiaccio tritato.

La città di Messina, a differenza di altre località, grazie alla sua posizione strategica all’imbocco dello Stretto, era un importante punto di snodo per i commerci e gli scambi culturali soprattutto con l’Oriente. Ciò ha favorito l’incontro con diverse culture e tradizioni gastronomiche, contribuendo all’evoluzione e al perfezionamento della stessa ricetta.

La miscela di ingredienti, ieri come oggi lavorata a lungo in apposite attrezzature, è mantenuta in costante movimento per impedirne la cristallizzazione, cioè la trasformazione in ghiaccio. Si ottiene così una granita liscia e senza grumi.

La gelatura è la lavorazione più delicata. Oggi si fa a macchina, ieri a mano, con il ghiaccio delle neviere portato a valle con grande attenzione. Anticamente (a partire cioè dal Cinquecento) acqua, zucchero, succhi tratti dalla frutta, erano filtrati e messi a gelare. Man mano che il liquido si solidificava sui bordi del contenitore di preparazione (pozzetto) andava scrostato evitando di “bruciare”, cioè di congelare repentinamente. Un errore del genere avrebbe fatto precipitare il composto sul fondo del recipiente, lasciando in superficie insipidi cristalli di ghiaccio. 

La cosa più stupefacente ha, tuttavia, un carattere sociale che coinvolge l’intera popolazione. Durante il Cinquecento, le colline messinesi si ricoprirono di gelseti che favorirono la ricchezza della città grazie alla produzione ed esportazione di seta grezza o lavorata. Dell’albero del gelso, i bachi da seta mangiavano le foglie, mentre gli uomini ne utilizzavano i frutti. Quando la meccanizzazione in altre parti di Europa nell’Ottocento fece crollare la produzione della seta messinese, le colline della città si ricoprirono di alberi di limone e iniziò un nuovo mercato di esportazione di essenze. Ecco perché la granita prima di gelso e poi di limone sono sempre state le classiche granite messinesi.

In ogni caso, nel corso del tempo, la granita, pur modificando gusto, è diventata sempre più popolare, conquistando il palato non solo dei residenti, ma anche dei visitatori provenienti da tutta la Sicilia e dall’Italia.

Quali sono, perciò, i gusti più richiesti nei numerosi bar storici dove è possibile assaporare un’autentica granita messinese, preparata secondo la ricetta tradizionale? Oltre ai classici al caffè o al limone, che sono i più richiesti nel corso della mattinata per fare colazione, una grande varietà di altri gusti tipici meritano di essere assaggiati:

Gelsi: Un gusto che, come ora sappiamo, richiama alla tradizione. Una granita dal colore viola intenso e dal sapore dolce e leggermente acidulo. La granita ai gelsi viene preparata con succo fresco di gelsi di Sicilia, un frutto tipico della stagione estiva.

Mandorla: Un gusto dal sapore intenso e aromatico, ottenuto da mandorle siciliane tostate e macinate. La granita alla mandorla è spesso servita con una spolverata di cannella o di cacao.

Pistacchio: Un gusto molto apprezzato, soprattutto dai golosi. La granita al pistacchio viene preparata con pistacchi di Bronte, rinomati per la loro qualità e il loro sapore unico.

Fragola: Un gusto fresco e rinfrescante, perfetto per le giornate calde. La granita alla fragola viene preparata con fragole fresche di stagione.

Cioccolato: Un gusto goloso e cremoso, che piace sia ai grandi che ai piccini. Per la granita al cioccolato è utilizzato cacao di alta qualità, amaro o al latte.

Oltre a questi gusti intramontabili, esistono anche numerose alternative altrettanto originali, come la granita al fico d’india, al verdello, alla pesca o all’albicocca, al gelsomino. La sperimentazione è continua e i maestri pasticceri messinesi inventano sempre nuove ricette per incuriosire e sorprendere i palati dei loro clienti.

Naturalmente, la scelta del gusto di una buona granita varia in base alle predilezioni personali, al momento della giornata e al periodo dell’anno. In conclusione, che siate amanti dei sapori classici o che siate alla ricerca di nuove esperienze, la granita messinese ha sicuramente qualcosa da offrirvi.


La lingua italiana si evolve e si adatta ai cambiamenti

Dai saluti amichevoli ai modi di dire simpatici, quante espressioni particolari, nate di recente e spesso sconosciute ai più, potrebbero aiutare un ospite o un viaggiatore venuto da lontano ad adattarsi e ad abbracciare la cultura italiana. Allora ci siamo domandati, già dall’inizio dell’estate, Come cambiano lingua e slang italiani secondo gli studi più recenti? La risposta si trova sulla piattaforma di apprendimento linguistico online Preply, che ha condotto studi effettuando sondaggi specifici. Secondo un sondaggio condotto da Preply nella primavera del 2023, che ha coinvolto 1.647 persone che vivono in Italia, sono emerse alcune tendenze significative.

Lo slang tra i giovani, in particolare la Generazione Z, è fortemente influenzato da fenomeni culturali globali, spesso provenienti dall’estero. Termini come “cringe” (imbarazzante) e “flexare” (vantarsi) sono diventati comuni. L’influenza deriva più direttamente dai media. La musica, i social media e le serie TV, hanno da sempre un ruolo cruciale nell’introduzione e nella diffusione di nuovi termini. Nel nostro caso, parole come “ghostare” (interrompere improvvisamente i contatti con qualcuno) e “woke” (consapevole delle ingiustizie sociali) sono entrate nel vocabolario quotidiano.

  1. Cringe – Usato per descrivere qualcosa di imbarazzante o sgradevole.
  2. Flexare – Mostrare o vantarsi di qualcosa, spesso sui social media.
  3. Ghostare – Interrompere improvvisamente i contatti con qualcuno senza spiegazioni.
  4. Woke – Essere consapevoli e attivi riguardo alle ingiustizie sociali.

È chiaro, dunque, che tali cambiamenti riflettono come anche la lingua italiana si adatti e si evolva in risposta alle influenze culturali globali e alle nuove tecnologie. Ruolo importante è l’influenza dell’inglese. L’italiano sta incorporando sempre più termini e strutture dall’inglese, portando a innovazioni linguistiche. Ad esempio, l’uso di prefissi come “super-“, “iper-“, “mega-” e “euro-” è in aumento.

A questo si aggiungono Slang e neologismi. La tecnologia ha, infatti, introdotto nuovi termini, abbreviazioni e un uso più frequente di lettere dell’alfabeto non tipicamente usate in italiano. Questo è particolarmente evidente tra i giovani e nelle comunicazioni online.

Slang e neologismi, proviamo a fare qualche esempio e tutti si renderanno conto in modo lampante di quanto stiamo dicendo.

  1. Dai! – Usato per esprimere esortazione o incoraggiamento. Esempio: “Non fare così, dai!” (Non fare così, su!).
  2. Magari! – Usato per esprimere un desiderio. Esempio: “Magari potessi andare alla festa stasera!” (Magari potessi andare alla festa stasera!).
  3. Boh! – Usato per esprimere incertezza o indifferenza. Esempio: “Che ne pensi?” “Boh!” (Che ne pensi? Boh!).
  4. Mannaggia! – Usato per esprimere frustrazione o disappunto. Esempio: “Mannaggia, ho perso il treno!” (Mannaggia, ho perso il treno!).
  5. Che casino! – Usato per descrivere una situazione caotica. Esempio: “Che casino c’è in questa stanza!” (Che disordine c’è in questa stanza!).
  1. Petaloso – Inventato da un bambino e riconosciuto dall’Accademia della Crusca, significa “pieno di petali”.
  2. Apericena – Una combinazione di aperitivo e cena, molto popolare in Italia.
  3. Balconing – Derivato dall’inglese, indica il pericoloso sport di saltare dai balconi nelle piscine.
  4. Cyberbullismo – Bullismo che avviene tramite internet e social media.
  5. Selfie – Foto scattata a sé stessi, spesso con uno smartphone.

Questi termini riflettono come la lingua italiana si evolve e si adatta ai cambiamenti culturali e tecnologici. Ad indicare qualche termine specifico sull’influenza dell’inglese, non c’è che l’imbarazzo della scelta, tanto di frequente si trovano nel linguaggio comune.

  1. Smartphone – Telefono intelligente.
  2. Weekend – Fine settimana.
  3. Meeting – Riunione.
  4. Stress – Tensione o pressione psicologica.
  5. Shopping – Fare acquisti.
  6. Manager – Dirigente.
  7. Fitness – Allenamento fisico.
  8. Chat – Conversazione online.
  9. Email – Posta elettronica.
  10. Startup – Nuova impresa innovativa.

Questi termini sono spesso utilizzati senza traduzione, riflettendo l’influenza crescente dell’inglese nella vita quotidiana e nei vari settori professionali.

Eppure, a ben riflettere, volendo fare riferimento a una popolazione che invecchia, gli anziani riescono a padroneggiare tali mutamenti? L’influenza dell’inglese e i cambiamenti linguistici possono rappresentare una vera e propria sfida per la popolazione anziana, ma molti fra loro riescono ad adattarsi a questi mutamenti, anche se con qualche difficoltà.

Esistono, tuttavia, alcuni punti chiave.

  1. Adattamento e comprensione: Gli anziani tendono a mantenere una buona comprensione della lingua madre, ma possono avere difficoltà con i neologismi e i termini stranieri, specialmente quelli legati alla tecnologia e ai nuovi media. Molti, però,  riescono a imparare nuovi termini attraverso l’interazione con le generazioni più giovani e l’uso dei media.
  2. Supporto sociale: La famiglia e la comunità giocano un ruolo cruciale nell’aiutare gli anziani a comprendere e utilizzare nuovi termini. Le interazioni intergenerazionali sono particolarmente utili in questo contesto.
  3. Risorse educative: Esistono programmi e risorse educative specifiche per gli anziani che mirano a migliorare le loro competenze linguistiche e digitali. Questi programmi possono includere corsi di alfabetizzazione digitale e linguistica.

Nonostante tutto questo, esiste comunque una resistenza ai cambiamenti linguistici. Ecco perché alcuni preferiscono utilizzare termini e strutture linguistiche tradizionali. Questo può essere dovuto a una combinazione di fattori, tra cui abitudini consolidate e una minore esposizione ai nuovi termini.

In generale, mentre gli anziani possono affrontare delle sfide nell’adattarsi ai cambiamenti linguistici, con il giusto supporto e le giuste risorse, la maggior parte della popolazione riuscirà a mantenere una buona comprensione e a utilizzare meglio la lingua moderna.


Quattro francobolli dedicati ai Borghi d’Italia

Poste Italiane dedica quattro francobolli ai Borghi d’Italia. Sì, la notizia è assolutamente vera! Il 5 luglio 2024 Poste Italiane ha emesso quattro francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica “il Patrimonio naturale e paesaggistico”, dedicati ai Borghi d’Italia – Serie turistica.

I francobolli, da 1,25€ ciascuno, raffigurano scorci mozzafiato di:

Pescocostanzo, con la sua Piazza del Municipio e il Palazzo cinquecentesco.

Stilo, con il tempietto greco-bizantino denominato “la Cattolica”.

Codrongianos, con una vista panoramica del paese di origine romana.

Scicli, con il colle di San Matteo e la chiesa omonima, simbolo del barocco siciliano.

Questa emissione rappresenta un omaggio alla bellezza e al fascino dei borghi italiani, veri gioielli del nostro patrimonio culturale e paesaggistico. Sono stati tirati 2.400 esemplari per ciascun francobollo, stampati in rotocalcografia su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente. L’autrice dei bozzetti è la grafica Tiziana Trinca

I francobolli sono disponibili presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, negli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Venezia, Verona e i distributori filatelici di tutto il territorio nazionale, oppure online sul sito web di Poste Italiane: https://filatelia.poste.it/retail.

Oltre ai francobolli, Poste Italiane ha emesso anche alcuni prodotti filatelici correlati, tra cui cartoline, tessere e bollettini illustrativi.

Gli appassionati di filatelia o semplicemente gli amanti dei borghi italiani, non possono perdere questa occasione per arricchire la loro collezione con questi preziosi francobolli!