L’informazione?
«Quando ero ragazzo non era mica così, com’è oggi».
di Sergio Bertolami
Scrive Eric Hobsbawm che per noi tutti esiste una “zona crepuscolare” fra storia e memoria; fra un passato remoto, oggetto di indagine da parte degli studiosi, e un passato recente che fa da sfondo ai nostri ricordi personali. Ma a differenza dello storico di epoche passate, per esempio un medievalista, lo storico dell’età contemporanea può essere corretto da chi, ricordando, scuote la testa e dice: «Ma non era mica così».
Prendete per esempio l’informazione. Chi considera che sia stata sempre come oggi si sbaglia di grosso. In passato il problema non era solo stampare un quotidiano di carta e spedirlo in tutti gli angoli del Paese. Il problema era l’ottica con la quale ci si riferiva alle notizie.
Dove eravate alle 19,30 del 22 novembre 1963? Io lo ricordo benissimo, perché quella sera mi convinsi che ormai ero abbastanza grande per seguire i telegiornali e leggere i quotidiani. In verità ero sempre quel ragazzino che a Roma frequentava le medie e di cui ho parlato ieri in questa stessa rubrica.
Insieme ad un compagno di classe, concluse le lezioni pomeridiane, con tutta calma rientravamo a casa. Prendemmo la strada che costeggiava i prati di Tavoletti, dove si stava per aprire un nuovo cantiere. Rasentammo le nuove costruzioni del quartiere in espansione. I negozi spegnevano le luci e il percorso si faceva sempre più buio. Mi fermai a conversare col mio compagno sulla porta della sua abitazione, che dava sulla strada. Sentimmo all’improvviso un brusio provenire dall’interno dell’appartamento e il volume della televisione farsi sostenuto. Cosa stanno dicendo? Il mio compagno rispose concitato: hanno sparato a Kennedy! A me, che le revolverate le vedevo trepidante solo nei film di John Wayne, parve assurdo che si attentasse addirittura alla vita del presidente degli Stati Uniti.
Salutai in tutta fretta. Quattro salti e raggiunsi l’ingresso del mio palazzo. Non aspettai nemmeno l’ascensore: a due gradini per volta, bruciai le rampe delle scale, fino al quinto piano. Mia madre era già informata e la televisione accesa. È vivo? È vivo! Mi incollai sulle notizie e vi rimasi seguendo le vari edizioni del telegiornale, fintantoché non fu comunicato che Kennedy era morto.
Non vi dico la mia profonda delusione al vedere comparire sullo schermo televisivo la scritta che annunciava: a causa della tragica morte del presidente Kennedy le trasmissioni verranno sospese in segno di lutto.
Che significava “in segno di lutto”? Nel momento in cui c’era bisogno di informare, diffondere notizie, la Rai azzerava tutti i programmi? Ecco, io lo ricordo ancora! E come commentava Hobsbawm anche i ricordi personali divengono, in qualche modo, parte della storia. Sono stato fortunato: ho trovato su YouTube – non l’avviso scritto che occupò lo schermo in bianco e nero – ma l’annuncio del telegiornale di quella sera.
Oggi non manca notizia che non arrivi in tempo reale. La leggi subito sullo smartphone, la scorri su internet, l’ascolti sui telegiornali 24ore su 24ore, assisti alle trasmissioni di approfondimento in prima serata e subito dopo la mezzanotte si possono sfogliare i quotidiani del mattino.
Molti storici di consumo sono tentati di rimodellare alla luce degli attuali termini di giudizio quanto accaduto nei secoli. Al contrario il passato, quanto più è distante da noi, non si offre facilmente ad una lettura lineare e, come avete letto, il modo di percepire gli avvenimenti complica sempre qualunque studio si affronti.