A tavola nell’antica Grecia

Vi incuriosisce sapere qualcosa sulle abitudini alimentari degli antichi greci? Le informazioni sono fornite sia da testimonianze scritte che da varie rappresentazioni artistiche: le commedie di Aristofane e l’opera del grammatico Athenaios da un lato, i vasi in ceramica e le figurine in terracotta dall’altro. Vi incuriosisce sapere, ad esempio, quali e quanti erano i loro pasti principali? Proviamo a leggere qualche cosa in proposito.

Il banchetto privato

Per gli antichi greci i pasti della giornata erano tre. Il primo di questi (ἀκρατισμός) consisteva in pane d’orzo imbevuto di vino ( ἄκρατος ), accompagnato da fichi o olive. Il secondo (ἄριστον) si svolgeva a mezzogiorno o nel primo pomeriggio. Il terzo (δεῖπνον), che era anche il più importante della giornata, era generalmente consumato dopo il tramonto. A questi poteva essere aggiunto un ulteriore pasto leggero (uno spuntino, per intenderci) tardo pomeriggio. Infine, l’ἀριστοδειπνον era un pasto regolare che poteva essere servito nel tardo pomeriggio al posto della cena.

Sembra che, nella maggior parte delle occasioni, le donne cenassero separatamente dagli uomini. Se le dimensioni della casa non lo rendevano possibile, gli uomini si sedevano a tavola per primi, seguiti dalle donne solo dopo che i loro uomini avevano finito di mangiare. Il servizio era svolto dagli schiavi. Nelle famiglie povere, dove non vi erano schiavi, secondo il filosofo Aristotele i servizi erano, invece, curati da donne e bambini.

Grazie all’usanza di collocare nelle tombe piccole riproduzioni di mobili in terracotta, oggi abbiamo importanti informazioni su come fossero apparecchiati questi tre pasti. Abitualmente i Greci mangiavano seduti, mentre le panche erano utilizzate soprattutto nei banchetti. I tavoli, alti per l’uso quotidiano e bassi per i banchetti, erano solitamente di forma rettangolare. Durante il IV secolo a.C. particolarmente comuni erano i tavoli rotondi, spesso con gambe a forma di animale.

Pezzi di pane schiacciati, in modo da formare una sorta di pizze, potevano essere usati come piatti. Tuttavia, anche servizi in terracotta erano abbastanza comuni. I piatti nel tempo erano realizzati con gusto e cura, con il risultato che in epoca romana si trovano piatti non solo in ceramica, ma anche in metalli preziosi o addirittura in vetro. L’uso delle posate non era, al contrario, molto diffuso: era sconosciuto l’uso della forchetta e il modo abituale di prendere il cibo era direttamente con le dita. Per tagliare la carne, però, venivano usati i coltelli, così come alcune forme di cucchiai per mangiare zuppe e brodi. Tozzi o molliche di pane erano usati per pulire le dita unte o, quando ne avanzavano a fine pasto, per plasmare piccoli amuleti (apomagdalia).

Nikias Painter – Marie-Lan Nguyen. Scena di un simposio: banchettanti si diverono col gioco del kottabos, mentre una ragazza suona l’aulos.  Una ghirlanda è appesa al muro e corone di alloro cingono le teste. Cratere attico a figure rosse, Museo Archeologico Nazionale di Madrid, 420 a.C.

Il simposio

Nell’antichità greca, oltre alla cena quotidiana (pasto serale), esisteva anche la cena con amici o conoscenti, chiamata appunto “simposio” o “foulka”. C’erano anche cene in cui i partecipanti contribuivano economicamente oppure portando cibo, che venivano chiamate “contributi”. Omero le chiama “raccolte fondi”, mentre sono note le antiche locuzioni affini “dipnein apo sympron” o “dipnein apo spyridos“.

Il simposio (una parola che indica “un raduno di persone che bevono”) era una delle forme di intrattenimento preferite dai greci. Comprendeva due aspetti: bere e mangiare. È risaputo che gli antichi bevevano anche del vino insieme al pasto, ma durante i raduni fra amici il vino si gustava in modo particolare per accompagnare degli stuzzichini: castagne, fagioli, chicchi di grano cotti o anche dolci al miele, che servivano soprattutto a smaltire l’effetto dell’alcool in modo da prolungare il tempo che si passava insieme.

La seconda parte della serata iniziava con una libagione, il più delle volte in onore di Dioniso. Quindi i presenti, discutendo o gareggiando sfidandosi con vari giochi da tavolo, si sdraiavano sui divani (klinai), mentre sui tavoli bassi erano posti piatti da portata e giochi. Ballerini, acrobati e musici completavano l’intrattenimento. Un “re del banchetto” scelto a sorte si impegnava ad indicare agli schiavi la proporzione di vino e acqua (che miscelava sempre il vino) per la preparazione di bevande più o meno alcoliche.

Completamente vietato alle donne, ad eccezione di ballerine e cortigiane, il banchetto era un importantissimo mezzo di socializzazione nell’Antica Grecia. Poteva essere organizzato da un privato per i suoi amici o familiari, proprio come avviene oggi con gli inviti a cena. Poteva altresì ascriversi al raduno di membri di un gruppo religioso o di una corporazione (come certi nostri club esclusivi). I sontuosi banchetti erano ovviamente riservati ai ricchi, ma nella maggior parte delle case le feste religiose o familiari costituivano un’occasione per il pranzo, anche se più modesto.

Il simposio come pratica introdusse anche una vera e propria tendenza letteraria: il “Simposio” di Platone, l’opera omonima di Senofonte, i “Sette saggi simposi” di Plutarco e il “Dipnosophistae” di Atene sono opere tipiche.

Euxitheos (vasaio); Eufronio (pittore)- Scena del simposio. 
Lato A di un cratere a calice attico a figure rosse, 510-500 a.C.

I sissitia

I sissitia (τὰ συσσίτια, tá syssítia) erano pasti comuni a cui gli uomini di tutte le età dovevano partecipare come parte dell’etichetta sociale o religiosa. I casi più tipici si riscontrano a Creta e a Sparta, ma alcune fonti fanno riferimento a usanze simili anche in altri luoghi. Altri nomi noti di questa pratica sono fiiditia e ἀνδρεῖia.

Nello specifico nell’Antica Sparta, la partecipazione ai sissitia era obbligatoria. Tra gli obblighi degli Omoia, cioè dei membri della società spartana con pieni diritti politici, c’era il contributo di cibo (o altro compenso) per il sostentamento fornito dallo Stato. Il mancato rispetto di questa regola era disonorevole. A differenza dei banchetti, i sissitia erano caratterizzati da austerità e moderazione.

Preparazione di un pasto

Il piatto più famoso era la zuppa nera. Si trattava di uno spezzatino di carne e sangue di maiale, aceto e sale. Plutarco ricorda un re del Ponto che aveva assoldato un cuoco spartano per farsi preparare questo particolare brodo nero per il sangue, ma dopo averne assaggiato un cucchiaio ne fosse rimasto disgustato. Il cuoco gli aveva allora risposto: “O Re, per mangiare questo cibo bisogna prima allenarsi da spartano e poi farsi un bagno nell’Eurota”.

Plutarco a proposito dei sissitia riferisce che “ogni commensale portava una medymn di farina d’orzo, otto mine di vino, cinque mine di formaggio, due mine e mezzo di frutta, e, infine, una piccolissima somma di denaro per comprare carne e pesce”. Aristotele notò che tale contributo imposto dalle consuetudini era un pesante fardello per i poveri spartani, ma era del tutto insignificante per i ricchi. A Creta, lo stato forniva fondi per organizzare questi pasti conviviali. Molti autori antichi hanno notare nei loro scritti l’estrema importanza di tali feste comuni, finalizzate a educare i giovani spartani e indurli a considerare i valori della polis.

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