L’arte rinasce con le maschere digitali rimovibili

Un giovane ingegnere del MIT introduce una rivoluzione nel restauro pittorico: pellicole stampate con l’Intelligenza Artificiale, applicabili e reversibili, accelerano il lavoro di anni e aprono nuovi scenari etici e conservativi.

Nel mondo dell’arte, la lentezza è spesso una virtù. Lo sanno bene i restauratori, abituati a operare con pazienza millimetrica su superfici fragili e logorate dal tempo. Ma quando l’Intelligenza Artificiale entra in scena, anche il restauro può cambiare passo. Lo dimostra l’innovativo metodo sviluppato da Alex Kachkine, giovane ricercatore del MIT, capace di riportare alla luce un dipinto antico in poche ore grazie a una “maschera” digitale stampata su pellicola e completamente rimovibile. Un’idea che fonde rigore scientifico, passione per l’arte e una profonda consapevolezza etica, recentemente descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Nature.

Una passione in viaggio

Kachkine non è un restauratore di professione, ma un ingegnere meccanico con un debole per la pittura. Durante il suo trasferimento verso il MIT per iniziare un dottorato, percorse la costa orientale degli Stati Uniti fermandosi in decine di gallerie. In quelle visite ebbe una rivelazione: la maggior parte delle opere non è esposta, ma custodita nei depositi in attesa di interventi conservativi spesso lunghi e complessi. Da lì, l’intuizione: “Se potessimo restaurare un dipinto digitalmente e poi trasferire fisicamente il risultato, potremmo superare molti limiti del metodo tradizionale”.

Tradizione e innovazione

Il restauro convenzionale richiede mani esperte, tempi lunghi e interventi minuziosi su migliaia di micro-fratture o perdite di pigmento. Non di rado, il recupero completo di un’opera può protrarsi per anni. Le tecnologie digitali già oggi permettono simulazioni accurate: algoritmi addestrati su archivi visivi generano versioni virtualmente restaurate di dipinti danneggiati, cercando di rispettare lo stile e l’epoca originali. Ma finora questi restauri erano confinati allo schermo o alla stampa su supporti separati.

Il passo successivo – e rivoluzionario – è stato compiuto da Kachkine: creare una maschera fisica rimovibile che si possa applicare direttamente sull’opera.

Il restauro di un dipinto danneggiato, raffigurante Gesù sul Monte degli Ulivi, prima e dopo il restauro grazie alla pellicola – Courtesy Alex Kachkine

Come funziona il nuovo metodo

Il processo parte da una scansione ad alta risoluzione del dipinto, preventivamente ripulito con tecniche tradizionali. Sul caso studio – un’opera a olio del Quattrocento gravemente compromessa – Kachkine ha rimosso le ridipinture accumulatesi nei secoli, riportando alla luce le aree autentiche. La scansione viene poi elaborata da algoritmi di IA che ricostruiscono una versione verosimile dell’aspetto originario.

Un software dedicato analizza quindi l’immagine e individua con precisione millimetrica le aree da riempire, assegnando a ciascuna i colori esatti. Nel caso del dipinto studiato, sono state rilevate oltre 5.600 aree danneggiate, per un totale di oltre 57.000 colori differenti. Il tutto è stato completato in tre ore e mezza, un tempo che Kachkine stima essere circa 66 volte più veloce rispetto al restauro tradizionale.

A sinistra il dipinto danneggiato, segue il pannello centrale che mostra una mappa dei diversi tipi di danni, a destra il dipinto restaurato con la maschera laminata applicata. MIT

La maschera: stampata, applicata, rimossa

A questo punto, il restauro digitale prende corpo: una doppia pellicola polimerica viene stampata con stampanti a getto d’inchiostro ad alta fedeltà. Il primo strato riproduce i colori, il secondo – in bianco – serve a ottenere l’intero spettro cromatico. L’allineamento perfetto dei due livelli è cruciale, ed è assistito da strumenti software che tengono conto della percezione umana del colore.

Una volta pronta, la maschera viene applicata manualmente sulla superficie del dipinto e fissata con un leggerissimo spruzzo di vernice conservativa. Il materiale delle pellicole è solubile in soluzioni specifiche e consente una rimozione senza danni, nel caso si voglia ripristinare lo stato precedente. Il file digitale del restauro, inoltre, può essere archiviato per documentare con precisione l’intervento effettuato.

L’ingegnere Alex Kachkine coltiva la sua passione per l’arte acquistando e restaurando dipinti. Foto: Alex Kachkine

Etica e trasparenza

L’efficacia del metodo non esclude la riflessione sulle sue implicazioni. Se adottata su larga scala, la tecnica potrebbe ridefinire il ruolo del restauratore. “Qualche anno fa – racconta Kachkine – ho impiegato nove mesi di lavoro part-time per restaurare un dipinto barocco con un danno analogo. Qui tutto si è risolto in poche ore”. Ma sottolinea l’importanza di mantenere un controllo umano qualificato su ogni fase del processo. Le sfide etiche, infatti, sono molteplici: dalla fedeltà al linguaggio visivo dell’autore, alla conservazione della memoria storica dell’opera.

Secondo Kachkine, è necessario sviluppare un quadro condiviso per garantire che l’uso dell’Intelligenza Artificiale non snaturi il significato delle opere. “Man mano che la ricerca prosegue – afferma – avremo metodi più precisi e una comprensione più profonda di come usarli in modo responsabile”.

Arte da riscoprire

L’obiettivo ultimo di questa ricerca non è soltanto tecnico. È anche culturale. Rendere visibili opere dimenticate, custodite nei depositi perché troppo complesse da restaurare, potrebbe restituire al pubblico un patrimonio nascosto. “Ci sono capolavori che rischiano di non essere mai esposti. Se questo metodo potrà farli emergere, ne sarò felice”, dice Kachkine.

Un lavoro in rete

Il progetto è stato realizzato con il supporto del John O. and Katherine A. Lutz Memorial Fund, delle biblioteche del MIT, dei Microsystems Technology Laboratories e del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dello stesso istituto. L’approccio interdisciplinare tra ingegneria, arte e conservazione suggerisce un futuro in cui la tecnologia non sostituisce l’esperienza umana, ma la amplifica, rendendo possibile ciò che prima era inimmaginabile.


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