Molte sfide rimangono irrisolte, ma Mariupol è diventata un simbolo

A cura di Sergio Bertolami

Immagine di Paolo Chieselli da Pixabay

Molte sfide rimangono irrisolte, ma Mariupol è diventata un simbolo


Maurizio Vezzosi, giornalista che ha pubblicato alcuni interventi anche su Experiences, forse lo conoscete per averlo letto in varie testate nazionali sulla guerra in Ucraina: ultimamente sul Fatto Quotidiano o su Panorama. Oggi ci ha mandato la trascrizione della lunga intervista che ha rilasciato rispondendo – in inglese – alle domande di Al Jazeera Balkans, riguardo al suo documentario “Spring in Mariupol” e sulla battaglia per la città combattuta lo scorso anno. Maurizio ha fatto una scelta difficile, perché ha mandato corrispondenze dal fronte russo, rendendolo giornalista sospetto di parteggiare per Putin. Si ricordi la lista stilata dal Corriere della Sera, dove anche il suo nome era compreso.

In verità a leggere quello che ha pubblicato in Italia (ma io ho avuto modo anche di leggere quello che non è riuscito a pubblicare) si può scoprire come questa sia una guerra di armi, ma anche di propaganda, perché ho trovato nei suoi articoli quello che non è lettura giornalisticamente corrente. Per questo mi piace come l’intervista di Al Jazeera si conclude:
– E quali sono i tuoi prossimi progetti?
– Continuerò a raccontare il non detto: provare a farlo anche quando non è trendy.

Non so come e perché a me piacciono quelli che come Maurizio non si confondono con la carta da parati.

“Primavera a Mariupol” (Spring in Mariupol) è il titolo del documentario diretto da Matteo Ferrarini (Small Boss produzioni) che con le immagini di Maurizio Vezzosi racconta la vita nella città nei mesi della battaglia. Il documentario ha partecipato all’AJB DOC Film Festival (Al Jazeera Balkans) di Sarajevo.


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