
Cinquant’anni fa, in un modesto motel di Albuquerque, due giovani appassionati di computer posero le basi di quella che sarebbe diventata una delle aziende più influenti della storia dell’informatica. Era il 4 aprile 1975 quando Bill Gates e Paul Allen, allora poco più che ventenni, firmarono il loro primo contratto con la MITS per fornire un linguaggio di programmazione destinato all’Altair 8800, un rudimentale microcomputer appena arrivato sul mercato.
Quel progetto, nato tra pile di manuali e notti insonni, fu l’inizio di Microsoft. All’epoca, i computer erano oggetti ingombranti e costosi, confinati a università e grandi aziende. L’idea che ogni casa potesse averne uno sembrava pura fantascienza. Ma Gates aveva una convinzione: un giorno, ogni scrivania e ogni famiglia avrebbe avuto il proprio computer. Una visione che, a distanza di mezzo secolo, si è concretizzata: secondo le stime attuali, nel mondo circolano oltre 3 miliardi di computer, la maggior parte con sistema operativo Windows.
Nel giro di pochi anni, Microsoft consolidò la sua posizione con l’MS-DOS e, soprattutto, con Windows, l’interfaccia grafica che rese i computer più accessibili al grande pubblico. Negli anni ’90, la società dominava incontrastata: software come Word ed Excel divennero standard globali e Windows 95 fu un successo planetario. Ma l’egemonia attirò anche le attenzioni delle autorità antitrust americane, che accusarono Microsoft di soffocare la concorrenza.
Dopo il boom degli anni ’90, Microsoft visse un periodo di transizione. Steve Ballmer, subentrato a Gates nel 2000, puntò a rafforzare l’azienda su più fronti: dalla nascita della console Xbox, alla diffusione di software aziendali, fino all’acquisto di Skype. Ma la vera rivoluzione stava avvenendo altrove.
Apple lanciava l’iPhone, Google Android, e il mondo si spostava rapidamente verso il mobile. Microsoft, troppo legata ai propri modelli tradizionali, reagì con lentezza. I tentativi di entrare nel mercato degli smartphone arrivarono tardi e senza successo duraturo. La società, pur solida, sembrava aver perso lo slancio innovativo dei suoi primi anni.
Il vero cambio di passo arrivò nel 2014 con l’ascesa di Satya Nadella alla guida dell’azienda. Ingegnere di formazione e manager pragmatico, Nadella mise al centro della strategia il cloud computing, l’intelligenza artificiale e la cultura dell’apertura.
Microsoft smise di considerare Linux un nemico, rese disponibili i propri software su iOS e Android, e investì pesantemente in Azure, la sua piattaforma cloud, oggi seconda solo ad Amazon. L’acquisizione di GitHub, il successo di Teams e, più recentemente, la partnership strategica con OpenAI hanno riportato Microsoft al centro della scena. Nel 2023, la capitalizzazione ha toccato i 3.000 miliardi di dollari, e la società è tornata ad essere considerata uno dei motori dell’innovazione globale.
Cinquant’anni dopo quel primo contratto, Microsoft è ben più di un produttore di software. È una forza trainante nella trasformazione digitale del pianeta, protagonista nell’intelligenza artificiale, nella produttività, nell’educazione e nei servizi cloud. Ha vissuto alti e bassi, è stata idolatrata e criticata, ha vinto e perso battaglie cruciali, ma ha saputo restare rilevante in un settore dove l’obsolescenza è sempre dietro l’angolo.
Se i prossimi cinquant’anni saranno altrettanto turbolenti e rivoluzionari, Microsoft avrà bisogno di un nuovo tipo di visione. Ma la storia insegna che, a Redmond, le idee per reinventarsi non mancano mai.
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